Appalto ex Ilva. Lavoratori come merce di scambio. Fillea, Fiom e Filcams scrivono a Melucci e Emiliano

A metà novembre per otto giorni i TIR delle aziende dell’appalto e degli autotrasporti in ex ILVA, a fronte delle legittime rimostranze sul pagamento degli arretrati alle imprese, bloccarono davanti alla portineria indotto gli ingressi in stabilimento dei lavoratori.

Una manifestazione che portò agli onori della cronaca un malcontento e uno stato di crisi che spinsero anche il Governatore della Puglia e il sindaco della città a solidarizzare con quelle imprese.

A distanza di un mese e a fronte dei pagamenti degli arretrati effettuati da parte di Mittal, va in scena la seconda puntata di quel film, con un copione che lascia ai lavoratori la parte dei deboli e dei dimenticati.

In quella occasione i vertici istituzionali del Comune e della Regione scelsero da che parte stare. Ora ci attendiamo che sappiano stare anche dalla parte di quegli operai che dopo essere stati usati come pedine di scambio e ostaggi oggi vedono nelle loro buste paghe gli effetti di quel blocco: giornate di assenza involontaria trasformate in cassa integrazione, in permessi o ferie mai richieste.

Capitolo a parte meriterebbero le scuse adottate da alcune imprese che hanno deciso di non pagare la tredicesima mensilità, a cui molte famiglie facevano riferimento per le imminenti festività natalizie.

Questo atteggiamento e quelle buste paga dicono, ancora una volta se mai ce ne fosse bisogno, che i diritti di tutti valgono, ma quelli dei lavoratori un po’ meno.

Attendiamo risposte.

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